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LA POLITICA DELLE PENSIONI

Abbiamo subito, nel corso di questi ultimi anni, vari interventi di legge di riforma delle pensioni. Che indubbiamente vi fosse la necessità di rivedere il sistema pensionistico non ci sono dubbi. Troppe disuguaglianze tra il pubblico impiego ed il privato con scalette differenti di pensionamento. Un’omogeneizzazione era dunque necessaria. Ma con un minimo di 35 anni di lavoro con un limite d’età (57 anni, anche se ne potevano bastare 55) per le pensioni di vecchiaia fissato dal legislatore, penso che si sia raggiunto un ottimo risultato....da non ritoccare. Purtroppo ogni tanto qualche rigurgito politico pare rimettere in discussione tale riforma.

Sembra infatti che tutti i problemi d’Italia siano riconducibili alle pensioni. Ma, in tutto ciò, si avverte puzza di zolfo! E vediamo di spiegarne i motivi.

Sono 2 le principali critiche rivolte al nostro sistema pensionistico.

I "cronici riformatori" sostengono che:

1.     in Italia, diversamente dagli altri paesi europei e dagli Stati Uniti, si può andare in pensione prima dei 60/65, grazie alle pensioni di anzianità;

2.     nel nostro paese vi è una scarsità di popolazione attiva costretta a "mantenere" i pensionati. Uno che lavora cioè deve mantenerne due a riposo! E la causa è stata da più parti identificata nello scarso incremento demografico italiano: prossimo allo zero.

Per quanto concerne la prima obiezione, che è comunque tutta da verificare, è indispensabile ricordare che negli altri paesi i lavoratori non sono soggetti ad una pressione fiscale elevata come da noi (oltre il 30%). Di conseguenza possono permettersi di pagare, all’inizio della loro attività lavorativa, un premio assicurativo annuo ad un Ente assicuratore privato che dopo circa 35 anni è in grado di garantire loro una "dignitosa pensione" se decidono di abbandonare il lavoro anche prima dei 60 anni. In Italia non è possibile per le ragioni appena esposte e soprattutto per quei lavoratori a cui mancano 10 anni per andare in pensione (che qualche politico vorrebbe costringere a lavorare più anni), in quanto il premio assicurativo per questi ultimi sarebbe eccessivamente oneroso.

Per quanto concerne invece il problema natalità è indispensabile chiedersi come mai in Italia si fanno pochi figli. La ragione è presto detta! Il nostro bel paese è l’ultimo nella scala degli stati europei in tema di assistenza alla famiglia (quella tra un uomo ed una donna, ovviamente!). Nonostante i ripetuti appelli del Papa e delle associazioni familiari ed il riciclo dei politici, la famiglia in Italia può essere paragonata all’orfanella delle fiabe. Di conseguenza le condizioni economiche in cui versano le famiglie medie in Italia non consentono di crescere responsabilmente più di un figlio! Pensiamo all’assistenza medica (il costo delle medicine che per la maggior parte non sono più mutuabili), al costo dell’assistenza scolastica (caro libri), delle vacanze, di qualche palestra che supplisca all’inadeguatezza dell’educazione fisica impartita in molte scuole ecc... Problemi che non toccano i nostri politici che godono di ben altri stipendi...... ed alcuni anche di pensioni baby! I salari sempre più magri, collegati ad un indice della vita sempre più lontano dalla realtà, che costringono a lavorare marito e moglie non stimolano di certo le nascite. Da noi i sussidi di cui godono ad es. le famiglie svedesi o francesi sono come la luna nel pozzo! Come mai i nostri politici che citano l’Europa, quando gli fa comodo, non copiano la sua assistenza economica alle famiglie?

In un paese in cui l’evasione fiscale ufficiale raggiunge migliaia di miliardi e l’assistenzialismo ai molti extracomunitari irregolari (del quale si sono lamentati anche i poliziotti in trincea nelle zone di sbarco) assorbe miliardi, si pensa solo alle pensioni come problema fondamentale! Che la durata dei processi penali e civili, per molteplici ragioni lamentate anche dagli addetti ai lavori (scarsità di personale, di attrezzature informatiche ecc.) non sia certamente un vanto o che il sistema sanitario produca episodi di malasanità che fanno notizia sui mass media non preoccupa i nostri governanti più di tanto.

Desideriamo inoltre puntualizzare un ulteriore aspetto, in quanto siamo stanchi di ascoltare il trito ritornello dell’allungamento dell’età e della conseguente necessità di prolungare il periodo lavorativo e non desideriamo credere pedissequamente a quanti vogliono convincerci che la neve sia nera!.

Noi non scomodiamo a tal proposito “certi sapienti” che guadagnano migliaia di Euro al mese, che non vengono mai toccati dai sacrifici auspicati ed imposti agli altri e che svolgono un lavoro ben diverso e proficuo da quello di molti altri lavoratori ma, a supporto di quanto sosteniamo, ci limitiamo al saggio e concreto conteggio “della serva” (come si suol dire proverbialmente) che ognuno può verificare.

Se è vero che l’età media, grazie a Dio ed alla scienza che proviene dall’Altissimo, si è allungata è altrettanto vero che le giovani leve si inseriscono stabilmente nel mondo del lavoro di media circa a 27/28 anni. Chi ha figli sa benissimo che gli stessi arrivano, se va bene,  tra scuola superiore, tra laurea breve, tra “parcheggio” universitario in attesa di lavoro, alla soglia minima di 27/28 anni. Per non parlare di chi si laurea e si specializza! A questa età basta aggiungere gli ormai mitici 35 anni contributivi e l’età anagrafica scatta ad almeno 62 anni sia per gli uomini sia per le donne. Aggiungendo invece 37 anni di contributi si perviene tranquillamente, sempre per i non laureati, a circa 65 anni di età anagrafica. In poche parole i giovani difficilmente raggiungeranno i 40 anni di contributi senza sfondare addirittura il tetto dei 65 anni. E questa è già una “riforma” operativa de facto!

 

Ciò premesso, considerando anche il fatto che ad esempio le cure ai “clandestini” (sì, avete letto bene!), i quali per definizione e per normativa non dovrebbero trovarsi nel nostro Paese, costano alla collettività (che poi non ha le risorse per le pensioni!) 5 milioni di Euro all’anno solo a Brescia e solo a carico degli Spedali civili di Brescia (dichiarazione del direttore generale degli “Spedali civili” di Brescia - Giornale di Brescia, Domenica 30 novembre 2003 – sez. Brescia e provincia, pag. 6)

diciamo:

Ø      basta con la disinformazione organizzata!

Ø      Basta con i sacrifici imposti agli altri!

e suggeriamo:

Ø      una concreta ed incisiva lotta all’evasione fiscale (una delle vergogne del Bel Paese!) che sottrae risorse allo Stato;

Ø      lo scorporo dell’assistenza (che dev’essere a carico della fiscalità generale!)  dalle pensioni;

Ø      una sensibile riduzione delle pensioni da nababbi goduta da molti fautori dei sacrifici altrui;

Ø      l’eliminazione delle molteplici spese inutili (ad esempio le auto blu e le innumerevoli scorte non giustificate come spesa a carico della collettività).

 

Infine, secondo diversi demografi basterebbe invertire il trend negativo delle nascite per ottenere un aumento di popolazione attiva in grado di meglio assorbire la spesa dei pensionati. Ma qualcuno non ha interesse a questa soluzione! Il principe di questo mondo, che conta molti servitorelli ai quali assicura fama e potere (Mt. 4,8 seg.), preferisce tenere occupati i genitori (ed i nonni) sempre più a lungo nel lavoro (possibilmente entrambi a causa dell’inadeguatezza degli stipendi) affinché i figli, assenti da casa i genitori ed i nonni (gli unici, fatte salve le dovute eccezioni, in grado di trasmettere i valori autentici), siano assistiti da "mamma TV" che proietta spettacoli e film che di cristiano non hanno più nulla....anzi! Non c’è che dire: una sottile opera di scristianizzazione della società! Da una parte l’ondata immigratoria musulmana favorita sotto molti aspetti, anche con ripetute sanatorie, da molte forze politiche e dall’altra riforme che costringono i genitori al lavoro per un maggior numero di anni con l’aiuto di "mamma TV" come baby-sitter!